mercoledì 23 agosto 2017

L'azione definitiva


Avevo la mano sinistra sul corpo del fucile, le dita della mano destra avvolgevamo il castello. Sentivo la pressione del calcio poggiato alla spalla. Respiravo lentamente ed osservavo la scena. Anche tutti gli altri erano nella medesima posizione. Avevano già stabilito quali fossero i loro bersagli nella pianificazione rivista qualche ora prima. Solo Marco aveva assunto una posizione defilata; il suo compito era di copertura, sarebbe intervenuto nel caso le informazioni relative all'incontro non fossero state corrette, o fossero sopraggiunti imprevisti.

Ora inquadravo l'obbiettivo, l'uomo sceso dall'auto con la valigetta, che aveva appena finito di porgere il saluto a due individui col rituale del doppio abbraccio. Era giovane e distinto. A vederlo così, a prima vista, se qualcuno  l'avesse  incrociato per caso nel centro di una cittadina, avrebbe sicuramente pensato che fosse un manager. In realtà era il fratello più giovane del capo di un importante cartello del traffico di armi, di origine slovena. L'ordine era di eliminarlo ed eliminare tutti coloro che in quel preciso momento fossero stati presenti. Un'occasione del genere non si sarebbe ripetuta. Quella gente non era facilmente intercettabile.

Non mi domandavo perché non si potesse arrestare, non spettavano a me simili decisioni. Ero un militare anche se eseguivo compiti, diciamo, fuori dalle righe. Non mi piaceva, ma l'avrei fatto, come tante altre volte. Come non mi piaceva fare alcune cose nel mio ruolo di medico, avrei obbedito agli ordini senza battere ciglio. 
Ora nella croce del mirino c'era proprio la radice del naso del giovane con la valigetta. Le dita della mano destra si tesero, l'indice morbidamente si poso' sul  grilletto. 
Inspirai, espirai.

I muscoli della mano si contrassero.

Un rumore sordo e l'uomo crollò a terra con un foro in mezzo alla fronte. Qualche millesimo di secondo, altri rumori tonfi dovuti ai silenziatori delle armi. Con l'utilizzo del cannocchiale potevo vedere quattro macchine, un po' di polvere ed i corpi di quegli uomini stesi a terra, immobili.

Diedi l'ordine di avanzare. Ormai era quasi buio, c'era un silenzio surreale e l'aria cominciava a farsi fredda. Gli uomini si erano disposti in posizione attorno alle auto ed ai corpi. Consegnai il mio fucile a Robert, presi la Beretta dalla fondina, avvitai il silenziatore ed assestai il colpo in canna. Mi avvicinai ai corpi ed esplosi un colpo alla testa di ciascuno. Robert intanto aveva recuperato la ventiquattr'ore. Un breve sguardo intorno.
"Ok andiamocene, qui abbiamo finito."

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