venerdì 25 agosto 2017

Una domanda che non avrà risposta


Oggi sono di nuovo ritornato alla vita normale, quella di tutti i giorni, quella coi soliti problemi quotidiani che in questi momenti mi danno una sensazione di serena tranquillità. Ho lasciato alle spalle la Slovenia, come ho sempre fatto con tutte le altre missioni. Mi sprofondo in questa quotidianità che ha sicuramente tanti difetti, ma anche moltissimi pregi, anche se talvolta non riesco a apprezzarli.
Ormai non mi pongo più la domanda: “Come può un militare dei reparti d'assalto, capace di uccidere a sangue freddo, indossare nuovamente i panni di un medico?”

Sono una personalità bipolare, uno psicotico parzialmente compensato? Una domanda senz'alcuna risposta, almeno, non ne ho mai trovato nessuna valida. Per questo ho deciso di lasciar perdere, a conti fatti, sono molto più sano di molte persone, sopratutto di alcuni colleghi della sanità.


Sto percorrendo una strada che scorre tra le risaie col sole che, basso sull'orizzonte, sembra emanare lampi arancioni che si riflettono sull'acqua, che sta cominciando ad inondarle. Sono diretto in clinica. Il lavoro è sempre più duro, anzi, il termine è inesatto, sconfortante è la definizione più consona. Sono ormai stato degradato ad essere solo ed esclusivamente una mera macchina per la produzione ed il profitto, come in una catena di montaggio, dove il termine qualità è solo utopia e la professione medica si è trasformata in qualcosa di molto diverso, da ciò che avevo immaginato. Mi consola il fatto che sono ancora qui, che posso permettermi di lamentarmi, di non essere contento. Un grande lusso, il cui significato si racchiude in una sola frase: sono ancora vivo.

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