Era
stata da pochissimo tempo inaugurata una nuova base per il servizio di
elisoccorso. Alla direzione era stato preposto il primario del servizio di
anestesia e rianimazione di un vicino ospedale. La maggior parte
dell’attività che sarebbe stata svolta, avrebbe interessato la copertura del territorio
montano ed i conseguenti collegamenti con le strutture del territorio, comprese
quelle che si trovavano in pianura.
Ero
stato uno dei primi ad essere contattato. Assurdo ed incredibile nello stesso
tempo, anche in questa occasione l'improvvisazione era notevole, anche se il
servizio sarebbe dovuto essere di alto livello. Il personale medico ed
infermieristico non era stato addestrato, e non era stato sottoposto ad alcuna
valutazione d'idoneità al volo. Ero l'unico che, per altri motivi, aveva
volato su un elicottero.
Tra
i componenti di quella task-force, alcuni soffrivano di mal
d'aria, altri di vertigini. Si può immaginare la qualità dell’intervento,
quando medico o infermiere erano chiamati ad operare in una
procedura di recupero. Ancora oggi mi domando come abbiano fatto quelle
guide alpine, componenti dello staff, a sostenere una tale situazione. Erano
delle persone assolutamente dedite al sacrificio.
Solo
parecchi mesi dopo si avvertì la necessità di eseguire corsi specifici di
preparazione per gli operatori ed istituire criteri, più o meno validi, di
valutazione e d'idoneità. Sulla carta si era già fornito un servizio di
eccellenza. Poco importava se la qualità fornita fosse scadente ed i costi
stratosferici: il target, quello di sempre, era vendere fumo per ottenere
consensi e, anche questa volta, era stato pienamente
raggiunto. Significativo era ciò che avevo riscontrato già nel primo turno
del servizio: mancava l’ossigeno, la nostra check-list non prevedeva che
fossimo provvisti di bombole d'ossigeno. Non si parla di un accessorio di
cui si può fare a meno, magari riuscendo a tamponare la situazione in qualche
modo.
E’
un presidio indispensabile per poter effettuare le manovre
rianimatorie. Quando feci presente al responsabile il problema, questi
s'infuriò e mi disse: "Devi proprio sempre rompere le scatole? La maggior
parte degli interventi sono in alta quota. Non sai che gli atleti vanno ad
allenarsi in montagna per migliorare le loro prestazioni di tenuta? E sai
il perché? In montagna c’è più ossigeno, quindi è inutile che
ci portiamo dietro una bombola!"
Rimasi
impietrito. Quell'illustre primario non sapeva che gli allenamenti in
quota servivano ad aumentare il numero dei globuli rossi e, pertanto, la
percentuale di emoglobina nel sangue. Più si sale ad alta quota, più
diminuisce la quantità d’ossigeno nell'aria che respiriamo, esattamente il
contrario di quello che asseriva quel luminare. Ero incredulo dinanzi a
quanto avevo sentito, ma questa, era la realtà culturale di quella classe
medica. La stessa classe medica che giudicava gli altri, quella che nominava i
primari, gli apicali, coloro ai quali era affidato il compito di salvaguardare
la salute del cittadino. Follia?
No,
sempre la solita musica, l'interesse di pochi a qualsiasi prezzo, anche la vita
del prossimo. Quel signore era Primario solo per un motivo,
l'essere in grado di procurare un numero cospicuo di voti elettorali, la
capacità professionale non contava nulla. La solita minestra: potere politico,
interessi economici, sudditanza.
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